Sono trascorsi più di dieci anni dalla crisi finanziaria del 2008, eppure il dibattito sul contributo della finanza al progresso economico e al benessere collettivo è ancora in corso. Si tratta di un tema quanto mai attuale, soprattutto durante una crisi economico-sanitaria come quella che stiamo vivendo, che ha rimarcato ulteriormente la necessità di ripensare il ruolo della finanza.
È da queste riflessioni che nasce l’impact investing, un fenomeno definito dal Global Impact Investing Network come l’insieme degli investimenti effettuati al fine di generare un impatto sociale e/o ambientale in aggiunta a un rendimento economico[1].
Gli investimenti ad impatto si collocano in un continuum tra gli investimenti sostenibili e quelli filantropici differenziandosi però, sia dagli uni e sia dagli altri in termini di approccio[2]. Gli investimenti ad impatto, a differenza degli investimenti filantropici, puntano anche al rendimento economico e, a differenza degli investimenti sostenibili, mirano a generare benefici concreti non solo per l’attività destinataria dei fondi ma anche per il contesto in cui essa è inserita.
Nel novero degli strumenti di finanza d’impatto, che spaziano tra strumenti di debito e strumenti di equity, rientra a pieno titolo il microcredito, insieme a tanti altri strumenti finanziari per i quali è stato dimostrato come l’impatto sociale non pregiudichi il rendimento economico. Nel nostro paese questi strumenti finanziari sono poco conosciuti. La loro diffusione è fondamentale per riuscire ad affrontare sfide come la lotta alle disuguaglianze sociali e la tutela dell’ambiente.
Pio De Lorenzis
Grameen Italia